18 apr 2013


Vorrei aprire con questo articolo, un dibattito sulla città, perché credo fermamente che quando i cittadini decidono di intervenire direttamente nella “costruzione” del luogo dove vivere e far vivere i propri figli, sia necessario condividerne il più possibile le valenze: estetiche, culturali, relazionali, simboliche, storiche, sociale, ecc. Ma alla base di questo grande percorso c’è la motivazione, senza la quale non è possibile percorrere senza fatica, nemmeno una stradina di campagna. 
La motivazione è l’elemento cardine di ogni azione umana. L’uomo non fa nulla in più di quello che gli è strettamente necessario per la sua sopravvivenza, a meno che non sia motivato dalla speranza di un miglioramento che a sua volta gli faciliti la vita. Più soldi per lavorare meno, un’auto potente per andare più veloce, abiti più belli per apparire al meglio, ma anche se usiamo il denaro per fare beneficenza ne avremo di ritorno più gratificazione. Ogni sforzo fatto per realizzare un’innovazione tecnologica è stato fatto ed è fatto per faticare meno (motivazione per l’acquisto) e per guadagnare di più (motivazione dell’inventore e del costruttore). Così se le città hanno subìto il degrado che è sotto gli occhi di  tutti è perché ad un certo punto storicamente è decaduta la motivazione per la quale era conveniente al potere politico, dall’imperatore romano fino alla dittatura fascista: dare esternazione della forza, della ricchezza, dell’ideologia, attraverso l”abbellimento” della città. L’unico potere che non ha mai smesso di produrre qualità estetica è quello religioso, perché non è mai variata la sua motivazione.
Dal secondo dopoguerra e con l’avvento della democrazia indiretta o rappresentativa, si acuisce in Italia il degrado urbano e il saccheggio del territorio, perché il sistema non riesce a rappresentare le vere esigenze dei cittadini, cioè a trasferire quelle motivazioni rappresentative del Potere al “Popolo sovrano”. Con la caduta della monarchia e del fascismo, si getta a fiume “il bambino e l’acqua sporca”; si getta la dittatura ed insieme l’orgoglio nazionale e quel già scarso spirito di appartenenza; si getta la povertà e il sottosviluppo industriale, ed insieme il rispetto per la natura e la sapienza della vita contadina; si getta la carenza abitativa, ed insieme l’equilibrata convivenza con il bello millenario delle nostre città; si getta l’ignoranza e l’analfabetismo, ed insieme la capacità comunicativa e relazionale.
Pertanto ancora oggi, il cittadino italiano è incapace, per mancanza di coscienza e motivazione,  di chiedere e pretendere una città a misura d’uomo, accessibile a tutti e qualitativamente migliore, nonostante si facciano in continuazione leggi per garantire questo.
Il diritto alla città
Se alcuni diritti, come per esempio quelli alla mobilità o all’accessibilità li potremmo ottenere, per accelerare i tempi e per assurdo, sanzionando e rimuovendo sindaci e dirigenti che non applicano le leggi vigenti, tutori dell’ordine e magistrati che non rilevano le infrazioni, o multando pesantemente più della metà dei cittadini italiani che non rispettano il codice della strada, nessuno però ci potrà mai garantire la “qualità”, intendendo per questa tutto ciò che fa di uno spazio pubblico un luogo, un posto che permetta l’incontro, la socializzazione, la sosta, il riposo, la visita, il confronto, la passeggiata, l’introspezione, il momento ludico, ecc. in una situazione di controllo dello spazio circostante senza stress e disagio alcuno, dove il fruitore si identifichi con i valori espressi dal luogo e ne percepisca la sedimentazione storica e sociale.
Ed ecco allora la necessità della conoscenza di alcune nozioni teoriche per fare propri i valori qualitativi dello spazio pubblico. Iniziamo col fissare alcuni semplici concetti di base:
  • le attività umane si qualificano attraverso il livello delle relazioni che possono scambiarsi fra i vari soggetti: genitore-figlio, bambino-adulto, bambino-bambino, adolescente-adolescente, uomo-donna, ecc. Qualsiasi relazione umana, interpersonale o di gruppo (ma anche individuale, che possiamo definire “relazione introspettiva”) avviene in spazi pubblici o privati che non solo fanno da palcoscenico al teatro della vita, ma svolgono un importante ruolo di “ancoraggio” psicologico  (come avviene nella casa o nei cortili. Concetto che mi prometto di sviluppare nei prossimi articoli).   Naturalmente non tutti i luoghi sono uguali e addirittura non tutti gli spazi possono definirsi “luoghi”. Per questo è importante capire come e cosa qualifica uno spazio urbano perché a sua volta qualifichi le relazioni umane che vi si svolgono.
  • La qualità dello spazio urbano è quindi data dalla capacità del luogo di permettere e facilitare le relazioni umane. Perchè questo avvenga non è certo dato dal collocamento di un bell’arredo; un aeroporto internazionale è spesso arredato con elementi di alto design, ma, anche a detta dell’antropologo Marc Augè, non lo si può definire un luogo, anzi è sicuramente un “non luogo”. Lo spazio “relazionale” deve infatti prima di tutto possedere dei requisiti che vanno oltre la fisicità degli elementi che lo compongono, deve possedere un’anima – cioè un impalpabile ma presente mondo “interiore”. Come la persona che non è fatta dal solo corpo fisico, che se pur bello e proporzionato, non è sufficiente a garantirne una personalità altrettanto bella, così uno spazio urbano per definirsi luogo deve rivelare la sua “anima”, che gli antichi configuravano nel “genius loci”.
  • Altro elemento indispensabile per una “urbanistica relazionale” è quello del collegamento fra i vari luoghi. Non basta infatti rendere pedonale una piazza per sostenere di aver realizzato uno spazio qualificato. Al massimo questa la possiamo definire “Isola” nel senso negativo del termine: isola come isolamento, dal resto della città, dal resto delle migliaia di occasioni di relazioni umane, isola come riserva protetta. E’ indispensabile allora per non cadere in questi errori che hanno permesso lo svuotamento sociale di intere città, imparare a costruire percorsi altrettanto qualificati che mettono in collegamento luoghi e domini che nell’insieme formano la città a misura d’uomo.

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